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La guerra di Lia

Settembre 10, 2021

La guerra di Lia, di Silva Ganzitti (Edizioni Solfanelli, 2019)

La guerra di Lia è uno di quei libri che si fa fatica a lasciar andare, dopo l’ultima parola letta. Mi è capitato di voler sfogliare a ritroso le pagine alla ricerca di un particolare sfuggito, di una riflessione non compresa del tutto, di un passaggio dell’intreccio narrativo che forse non avevo colto. Ma è stato solo un modo per restarci ancora dentro. Sì, perché il lettore vive, insieme all’autrice Silva Ganzitti, le stesse emozioni dei personaggi riuscendo ad immedesimarsi quasi con ognuno di loro: ne vive i dubbi, le paure, l’apparente rassegnazione e la voglia di reagire alle crudeltà di una guerra che, prima ancora di essere solo di Lia, è la guerra di tutti.  Lia è una benandante. È nata « con la camicia», avvolta cioè nel sacco amniotico, condizione che la rende speciale e che le permette  di vivere in anticipo, durante i sogni notturni, ciò che gli altri vivranno nei tempi reali della vita.  Lia vive perciò la «sua» guerra, che è anche conflitto personale in un percorso, condiviso con quello del padre Bartolo, di crescita e di consapevolezza. La guerra si manifesta poco alla volta racchiudendo inizialmente persone, gesti e abitudini, in una bolla sospesa che dà anche alla narrazione un tempo più lento, rispetto alla seconda parte del romanzo, quando gli eventi procedono con un ritmo più sostenuto e incalzante.  La guerra si manifesta nel cambio di passo della vita, nel dolore che riempie precocemente i volti con i segni delle preoccupazioni e delle scelte da compiere, nella spensieratezza interrotta, nelle dispense che si fatica a riempire. Il mondo che circonda Lia è fatto di uomini che vestono divise diverse e di donne che indossano storie di magia  e concretezza, di luoghi e paesaggi che trasudano il loro stretto legame con le persone. 

Silva Ganzitti lascia emergere, dalle pagine di questo romanzo, lo stretto legame ritrovato con le sue radici che diventano le radici di tutti gli abitanti di quei luoghi. Ma non solo: sono le radici di tutti coloro la cui storia è passata attraverso qualunque guerra di qualunque luogo.  Nelle guerre più che gli schieramenti, le uniformi e le parlate diverse, che dividono, a contare è anche un fondo comune di umanità, che avvicina e include.  Il pezzo di storia che Silva Ganzitti ricostruisce in un misto di fatti realmente accaduti e documentati, e altri romanzati – come lei stessa afferma nelle note sul libro – è quello particolare del Friuli che ha scritto una pagina poco conosciuta  della Seconda Guerra Mondiale: il trasferimento nella regione di migliaia di cosacchi ingaggiati da Hitler per scovare i partigiani sulle montagne. Un nemico in più, che arriva a deturpare la bellezza di quei luoghi, che distrugge, fa razzie, agisce abusi e violenze, ma che ha portato con sé anche donne, bambini e bestiame, abbagliato da promesse di insediamento stabile non mantenute poi dai nazisti. L’autrice fa compiere ai suoi personaggi la scelta di «stare dalla parte dei buoni», dei partizany, ma ci porta a riflettere su quanto, alla fine dei giochi, dietro ogni divisa e ogni parlata, ci siano comunque uomini e donne, ognuno con il proprio bagaglio di speranze, sogni e aspettative.

La scrittrice racconta la vita degli abitanti dei suoi luoghi con gli occhi di una osservatrice attenta e partecipe: scrive con passione, fa muovere, pensare e parlare i personaggi, come se fosse lì con loro e ne seguisse direttamente, giorno per giorno, le vicende. Bartolo, Tina, le tre sorelle che dormono nello stesso letto con i ricci dei capelli che si intrecciano, Adelchi e il piccolo prete, la levatrice Vigjute e tutti gli altri: ciascuno di noi è un po’ di loro, si riconosce nei racconti ascoltati accanto al focolare, nelle esperienze sedimentate delle storie familiari. Silva riesce a farci  sentire i passi pesanti degli scarponi dei partigiani sulle viuzze di montagna, degli stivali dei cosacchi durante le loro incursioni, i passi spensierati delle ragazze che percorrono le strade dei borghi, la leggerezza dei voli onirici di Lia. Ha saputo guardare quei fatti non solo con acutezza, ma anche con gli occhi del cuore, facendo scaturire racconti traboccanti di umanità̀. Quello di Silva Ganzitti è uno sguardo ampio e inclusivo, che abbraccia tutti gli aspetti del reale: dalle donne e dagli uomini, con le loro usanze e la loro mentalità̀, alla storia, spesso colta nella sua brutale forza e irragionevolezza, fino all’ambiente naturale della campagna, dei monti e delle colline friulane.  

Nata nel 1962 in Friuli, Silva Ganzitti alla scrittura c’è arrivata d’un tratto. Passione tardiva, ma ugualmente coinvolgente, in pochi anni ha riempito quaderni di appunti e fiabe abbozzate, che sono poi diventate storie e racconti non solo dedicati all’infanzia.
Ha pubblicato quattro testi per l’infanzia con 0111 edizioni: Amici di Duna(2005), Mistero nel Sottobosco (2005), Domitilla voleva un Unicorno (2007) e Abdul genio in ribasso (2007). Tutti i testi sono prevalentemente commercializzati online.#Solfanelli
Abdul genio in ribasso, è entrato nel catalogo Danae in seguito ad una bella recensione di un autore di racconti e romanzi per l’infanzia, Beppe Forti.
Racconti dal Sottobosco raccoglie tre storie legate tra loro da una cornice geografica che le ambienta nella pedemontana friulana, territorio di origine dell’autrice.

RobertaZimei
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